Non è forse l'artista che abita di più il mio spirito (dove Rembrandt, Velázquez, Goya sono di casa...), ma dovendo provare a dire cosa siano il bello, la bellezza (queste parole così pericolose, nelle mani di demagoghi e seduttori di varia natura...), ebbene è il nome di Raffaello quello che affiora alla labbra. Perché la sua - come scrisse Renoir della Madonna della seggiola - "è la pittura più libera, più salda, più meravigliosamente semplice e viva che sia dato di immaginare".
di Tomaso Montanari
Il Fatto Quotidiano
6 apr 2020
Quando Raffaello morì, aveva solo 37 anni e si trovava all'apice del successo. La sua chiamata a Roma, dove lascerà alcuni dei massimi capolavori della Storia, lo aveva consacrato come uno degli artisti più influenti di tutti i tempi. Ma da dove era iniziata una tale ascesa alla gloria? Per scoprirlo bisogna ripartire dalla piccola quanto "autorevole" città di Urbino, dove Raffaello venne alla luce nella primavera del 1483 (il 28 marzo o il 6 aprile).
di Federica Campanelli
Focus Storia
14 mar 2020
Accadeva 500 anni fa, mentre la Città Eterna era alle prese con le celebrazioni ecclesiastiche del Venerdì Santo: era il 6 aprile del 1620 e il pittore cedeva alla malattia che lo aveva prostrato per 15 giorni, causata, a detta del biografo Vasari, dai suoi appassionati "eccessi amorosi". Dolore e sbigottimento prostrano la città di Roma. Le similitudini cristologiche del trapasso di Raffaello Sanzio non fanno che rafforzare un'opinione già consolidata presso i suoi contemporanei: all'apogeo del successo, Sanzio è infatti a buona ragione considerato "divino" e capace di realizzare con grazia e pienezza la sintesi perfetta dell'armonia pittorica e architettonica, sopravanzando la natura stessa.
di Elisabetta Pasca
Progress
6 aprile 2020