INAUGURAZIONE: 4 maggio 2019, ore 18.30
La mostra Ama, Prega, Ricama, dedicata a Elizabeta Tzvetkova (Pernik - Bulgaria, 1977), presenta una serie di disegni ricamati a mano che traggono spunto da fotografie di giornali e riviste che l'artista ha raccolto in anni recenti per documentare storie e drammi che si consumano in paesi non molto lontani da noi.
In contrasto con la vita agiata e ovattata che caratterizza la società occidentale, l'interesse di Tzvetkova è rivolto a tematiche sociali legate all'attualità, in specie ai flussi migratori dei popoli oppressi.
La lenta costruzione dell'immagine, che fissa uno dopo l'altro i fili colorati sulla stoffa di lino, si contrappone alla diffusa frenesia che investe la realtà contemporanea; di contro all'indifferenza, il ricamo si presta alla riflessione e alla preghiera sviluppando - grazie alla sua gestualità calibrata e ripetitiva - un processo di consapevolezza e di denuncia dei conflitti.
Nelle composizioni dell'artista compaiono figure umane che sembrano provenire da altri tempi, oltre che da altri luoghi, al fine di rappresentare lo sradicamento e la fuga degli individui, e più metaforicamente la ricerca della salvezza personale (e universale) nell'eterno cammino.
A esclusione dei vestiti, i soggetti non sono connotati da nessun riferimento concreto, la loro appartenenza è intenzionalmente decontestualizzata da qualsivoglia riferimento geografico o storico. I viandanti in cammino simboleggiano infatti il viaggio compiuto dagli antenati verso l'età moderna, in una continua "processione senza meta", alla ricerca di una speranza, di uno status che appare irraggiungibile a causa della sua continua mutevolezza.
Dopo aver sperimentato diversi linguaggi, la predilezione per la tecnica del ricamo, appresa fin dalla prima infanzia, è nuovamente riaffiorata nell'artista, come una reminiscenza intessuta di ricordi affettivi. L'arte del ricamo consente a Elizabeta Tzvetkova di sentirsi legata a un filo invisibile che ha un'origine lontana per giungere, punto dopo punto, ai nostri giorni raccontando le storie di «uomini, donne, bambini a cui viene sottratto il futuro».
Museo d'Arte Contemporanea
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