La Giuria, composta da Michele Cuomo, Raimonda Riccini e Marco Sammicheli, ha analizzato i prodotti e i progetti presentati per il concorso e ne ha valutato la qualità complessiva sia dal punto di vista del valore culturale sia di quello produttivo, selezionando le due opere vincitrici.
> La sezione "Prodotto storico" è stata assegnata alla lampada "Ara" di Ilaria Marelli
> Per "Il mobile che non c'è" la giuria ha premiato il paravento "Colombano" di Carlo Trevisani
Inoltre, la Giuria ha assegnato due menzioni speciali per la seduta "Hara "di Giorgio Gurioli (2002), realizzata dall' Azienda Kundalini Italia e per "Il mobile che non c'è " Annalou e la fata verde", beauty case e consolle integrati, di Patrizia Di Costanzo e Paolo Pallucco
I due prodotti vincitori e i progetti saranno acquisiti dal MAC, andando così ad ampliare la collezione del Museo.
La sezione "Prodotto storico" è stata assegnata alla lampada Ara di Ilaria Marelli (2003), realizzata dall'Azienda Nemo.
La lampada di Ilaria Marelli interpreta con grande eleganza formale le tecnologie costruttive e illuminotecniche, riuscendo a condensare in un oggetto di notevole rigore compositivo richiami culturali alle elaborazioni costruttiviste e, insieme, riflessioni sulla sostenibilità delle tecnologie usate, nonché sulla natura percettiva e interattiva degli oggetti luminosi.
Per "Il mobile che non c'è" la giuria ha premiato il paravento Colombano di Carlo Trevisani.
Il mobile Colombano richiama il tema contemporaneo della mutevolezza degli spazi, della flessibilità dei luoghi in cui si lavora e si trascorre il tempo libero, rafforzata dalle recenti vicende pandemiche. Lo fa attraverso l'immaginazione di un oggetto che definisce uno spazio illusorio attraverso il ritmo di una struttura leggera e avvolgente, usando con maestria la versatilità del materiale ed offrendo così lo spunto per un rinnovamento del comparto produttivo.
La seduta Hara mostra una grande capacità di modellare una superficie continua, reinterpretando, senza limitarla, la funzione della seduta. Inoltre, si sottolinea il riferimento alle ricerche formali del panorama internazionale del design degli anni '50 e '60, aggiungendo qualità realizzativa nell'impiego del materiale plastico.
Annalou e la fata verde è meritevole della menzione speciale per le sue caratteristiche compositive e strutturali che reinventano geometrie capaci di riconfigurare l'interno di una forma volumetrica primaria e di conquistare spazi tridimensionali sorprendenti, anche attraverso un sapiente uso dei materiali.