Il Premio Lissone Design istituisce per la prima volta un premio destinato a un Maestro del design italiano, la cui opera arricchirà le collezioni permanenti del MAC.
In continuità con i valori che hanno contraddistinto la storia di Lissone, la scelta si è orientata sulla "riscopertadella manualità che precede il progetto". In questo senso, Michele De Lucchi rispecchia un saper fare che fluisce nelle sue diverse specializzazioni, ma non meno importante è la sua attenzione sia per il mondo industriale, sia per le realtà artigianali; esemplare è l'esperienza di Produzione Privata, un laboratorio sperimentale che si avvaleva delle sapienti e qualificate botteghe artigiane disseminate sul territorio italiano, votate alla tradizione come pure all'innovazione; tenendosi fuori dalle logiche del mercato, De Lucchi realizzava prodotti in tiratura limitata, dedicando grande cura alla scelta dei materiali e alle tecniche di lavorazione. La volontà di accudire una forma che fosse in grado di esprimere una dimensione creativa ancor più personale, dove mente e mano lavorano all'unisono, ha trovato in anni recenti nuove possibilità espressive grazie alla pratica artistica. Dal 2004 ha quindi iniziato a scolpire piccole sculture che non sono (ancora) architetture, un giorno potranno esserlo, e alcune di loro lo sono già.
A dimostrazione del fatto che l'arte scultorea [in]forma il processo creativo, De Lucchi crea ancor prima di costruire: le sue opere sono pensieri tangibili che vivono grazie a un materiale ancor più vivo, il legno, considerato «punto di partenza di ogni riflessione». Benché non abbia mai smesso di impugnare la matita, nel frattempo ha familiarizzato con un altro strumento, la motosega, che imbraccia ogni qual volta si trova nella propria falegnameria, intento a sbozzare i ceppi e a far sbrecciare le idee, o comunque le proprie intuizioni. A detta di Andrea Branzi, questi non sono «modelli concettuali, teorici o didattici, ma ciocchi di legno grezzo auto-referenziali, auto-sufficienti, perfettamente conclusi nelle proprie imperfezioni. Raffinati nella loro povertà; approssimativi in un mondo troppo perfetto; felici nella loro pesantezza, in un mondo di progetti troppo leggeri e tristi». Fedele al motto Arsest celareartem, nelle sue opere non c'è mai traccia di ostentazione. Queste piccole sculture ci appaiono dunque come luoghi ideali più che fisici, intrisi di storie e poesie. Travalicando il senso comune, traguardando al di là delle cose e trasognando in profondità, Michele De Lucchi ci dimostra che l'arte non è di tutti, ma per tutti... un dono individuale alla collettività.
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