E' molto facile creare un forte impatto emotivo raccontando per 25 minuti la vicenda, triste e dolorosa, di una giovane mamma a cui vengono tolti d'autorità i due figli di 3 mesi e di 5 anni.
E' molto facile presentare una storia ascoltando solo i protagonisti di una parte di essa: la signora stessa, la sua psichiatra, i suoi avvocati, fingendo poi di dare la parola anche alle controparti senza però la volontà di ascoltarne davvero le ragioni e di documentarle.
Ma non è corretto. Non è produttivo per nessuno, neppure per la persona che si pretende di rappresentare.
Quella che ieri sera le Iene hanno raccontato è solo una parte della verità: la parte che la signora in questione ha desiderio di far conoscere (tra l'altro neppure per la prima volta) attraverso le telecamere e sui mass media.
Quella che le Iene avevano tra le mani era una parte della documentazione che riguarda quel caso penoso: è quanto, insieme al segretario generale del Comune, ho ripetuto più e più volte all'inviato delle Iene. Ma le mie parole sono state tagliate nel montaggio e il nostro intervento è apparso (è stato voluto far apparire) come il solito disinteresse delle istituzioni.
Io invece conosco quelle carte, per il mio dovere d'ufficio. E per lo stesso dovere d'ufficio - che mi impone la massima riservatezza, soprattutto in un caso come questo dove c'è di mezzo anche la tutela di minori - non ne posso divulgare il contenuto. Non posso e non voglio farlo. Cosa direbbero i miei cittadini se io "mettessi in piazza" i loro fatti personali anche se per difesa della mia immagine?
Questo sarebbe il ruolo di un sindaco?
E' con un grande senso di responsabilità che durante l'intervista ho difeso senza entrare nei contenuti specifici, l'operato dei servizi sociali che si sono mossi in adempimento a provvedimenti del tribunale per i minorenni, pur comprendendo la sofferenza della signora.
Riscontro che nella fase del montaggio del servizio, tutta la mia parte argomentativa è stata omessa presentando un'immagine delle istituzioni come non consapevoli, distanti, assenti. Ciò non corrisponde né allo stato di fatto né all'intervista integrale. Tutto ciò mi offende e mi rattrista perché l'obiettivo non sembra quello di fare chiarezza.
Tuttavia, proprio perché conosco tutta la documentazione al riguardo, posso dire due cose:
- la prima è difendere l'operato dei Servizi sociali comunale e della sua dirigente, che hanno svolto scrupolosamente e con umana partecipazione il loro lavoro trasmettendo sempre (e per fortuna ne abbiamo le prove) la documentazione necessaria al Tribunale dei minori e agli altri organi giudiziari deputati;
- la seconda è che, tra i doveri di un Sindaco, c'è forse pure questo, di non potersi difendere appieno davanti alle accuse anche personali che in queste ore piovono attraverso i social network; di non volerlo né poterlo fare per rispetto a un valore più alto: quello di difendere i diritti delle persone chiamate in causa, specialmente delle più deboli, anche e persino di coloro che mi accusano, anche a costo di soffrire perché antepongo il mio dovere di rappresentante delle istituzioni alla mia difesa personale.
Questa può e deve essere la mia unica difesa. E questo è ciò che desidero comunicare attraverso le presenti righe, anzitutto ai miei cittadini; certa che mi capiranno.
Concettina Monguzzi
Lissone, 6 febbraio 2014