E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo "Alle fronde dei salici" - 1945
Testimonianza di Milena Bracesco, figlia del partigiano monzese Enrico Bracesco, deportato e ucciso dai nazisti nel Castello di Hartheim.
A seguire la proiezione del film sulla deportazione:
La tragedia dei campi nazisti nella voce dei superstiti e dei figli dei deportati:
Ionne Biffi, Carla Bianchi, Milena Bracesco, Venanzio Gibillini, Raffaella Lorenzi, Gianfranco Maris, Giovanna Massariello, Angelo Ratti, Teodoro Santambrogio, Liliana Segre, Giuseppe Valota
Un film di Vera Paggi, Dario Venegoni, Leonardo Visco Gilardi.
Regia di Massimo Buda.
Fotografia Paola Nessi
Edizione Mariano Savinelli
Musiche originali Adriano Aponte
Piazza IV Novembre
Enrico Bracesco figlio di Francesco e di Teruzzi Maria (nato a Monza il 10 aprile 1910, deceduto nel Castello di Hartheim il 15 dicembre 1944). Era il più giovane di tre fratelli antifascisti.
Caposquadra attrezzeria alla Breda V Sezione Aeronautica, fu il primo mutilato della Resistenza operaia. Fra i promotori degli scioperi del marzo 1943, arrestato e licenziato dalla Breda, fu condannato con la condizionale a un anno per "abbandono del servizio" e poi riassunto grazie
all'intervento dei compagni di lavoro.
Bracesco si fece carico del rifornimento di armi alle formazioni partigiane. Riuscì a recuperare con altri gappisti ben 72 mitra e 2 mitragliatrici, che i soldati in fuga dopo l'8 settembre avevano sotterrato nel cortile della scuola Ugo Foscolo di Monza, diventata nel frattempo quartier generale dei repubblichini. La notte del 4 novembre 1943 Enrico Bracesco portò un quantitativo di armi con un motofurgone, a Michele Robecchi - anch'egli operaio alla Breda V Sezione Aeronautica - a Muggiò, ma sulla strada del ritorno, intercettato ed inseguito dalla polizia fascista nei pressi di Cinisello, uscì di strada e rimase sotto il camioncino. Trasportato all'ospedale di Monza, gli fu amputata la gamba
destra. Evase dall'ospedale con l'aiuto del fratello Carlo, perché era spiato da finti malati e si nascose in una cascina presso dei parenti alla periferia della città.
Tutte le mattine il fratello Carlo si recava da lui per le medicazioni. La mattina del 15 marzo, non vedendolo arrivare, Enrico si avviò con le stampelle verso l'abitato, ma venne riconosciuto, arrestato e portato a San Vittore dove la moglie Maria Parma lo vide per l'ultima volta. Fu portato a Fossoli, poi nel lager di Bolzano, e da lì deportato, il 5 agosto 1944, a Mauthausen. Fu selezionato subito e portato al Castello di Hartheim, vicino a Linz, dove, dopo un lungo e doloroso calvario, fu assassinato.
Moglie di Enrico Bracesco. Cominciò a lavorare a dieci anni come apprendista guantaia. A sedici conobbe Enrico che sposò sette anni più tardi. Ebbero due figli, Luigi e Milena. Maria condivise con la famiglia Bracesco (il cognato Carlo e la moglie Maria Farina) la lunga lotta clandestina alla dittatura durante il ventennio fascista fino alla militanza partigiana e all'arresto di Enrico, nel novembre 1943. Maria rivide Enrico per un attimo al carcere di San Vittore a Milano.
Mia amatissima, che devo dirti della fotografia? Credo di non essere in grado di esprimere i sentimenti che mi presero, quando la vidi. I miei occhi si posarono sulle tre piccole figure, cercando di indovinare i pensieri di ciascuna di esse.
Quanto tempo rimasi così assorto e lontano da ciò che mi circondava? Vidi i vostri tre sguardi posarsi su di me, mi immaginai di esservi vicino, baciando la piccola rosa appena sbocciata col suo grande profumo, che è Milena. Strinsi forte nelle mie braccia la visione di Luigi, cercando di far sorridere un pochino la sua infantile serietà, che tanto ha colpito il mio cuore. Lo so, lo sento, mi cerca in silenzio. Che dire poi di te, mia cara: ti leggo sul viso i segni del dolore e dell'attesa. Coraggio, Maria! Tutto ha fine, ti sono sempre vicino spiritualmente, sono sicuro che mi senti e che porterai a termine anche questo tuo duro compito con quei sacrifici che solo una giovane sposa e madre sa trovare la forza di sopportare, attingendo alla sua inesauribile fonte d'amore. Così state tutti e tre uniti sul mio cuore, sento un solo palpito, nè posso essere sordo al vostro richiamo: troverò certo e presto la via del ritorno e saprò farvi dimenticare i giorni tristi.
La mia salute è ottima e godo che lo sia anche la vostra: quando mi parli dei nostri piccoli e dei progressi di Milena, vorrei averla un istante solo per appagare il mio desiderio di stringerla sul petto. E Luigi comincia a scrivere qualche cosa? Baciameli forte tutti e due e te, Maria, bacio e abbraccio forte.
Tuo e sempre amatissimo Enrico.
A.N.P.I.
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - sez. Lissone