SALA GINO MELONI
INAUGURAZIONE giovedì 5 febbraio ore 19:00
A cura di STEFANO PELLIZZARI
È noto che Sigmund Freud, padre spirituale del Surrealismo, ha sempre negato ai suoi "figli" il riconoscimento della paternità. Estremamente classicista e conservatore, il fondatore della psicoanalisi non ha mai guardato di buon occhio le avanguardie artistiche ma ha sempre interpretato l'arte come prodotto imprescindibile dall'elaborazione del preconscio personale. Quando nel 1938 incontrò per la prima volta Salvador Dalì, non poté non pensare che lo spagnolo nutrisse dei " problemi psicologici seri".
Dopo quasi un secolo di opere e di teorie sull'arte, ormai completamente slegate dalla rappresentazione ordinaria del reale, oggi possiamo guardare ai surrealisti non come a dei folli bensì come a degli intellettuali dotati di grande intuizione. A quasi cent'anni dalla nascita dello storico movimento, il tema dell'onirico e le sue suggestioni sono ritornati prepotentemente a influenzare il linguaggio visivo dei giovani artisti, senza però la pretesa di costituirsi in vere e proprie correnti, individuando semmai quelle categorie estetiche che permettono loro di ridefinire il proprio operato artistico.
Se negli anni Ottanta i protagonisti del "Ritorno alla pittura" reagivano al rigore minimalista e concettuale attraverso stilemi di chiara matrice espressionista, chi in quegli anni vi è nato mostra invece un approccio formale estremamente differente. Attraverso composizioni di maggior rigore, spesso cariche di atmosfere neogotiche, questi artisti recuperano l'amore da tempo sopito per la pittura accademica e la storia dell'arte, ibridandosi con la riscoperta di ciò che fino a pochi anni prima era considerato underground o low-brow, come l'illustrazione e la Street art.
Ciò si manifesta come un comune spirito generazionale che questa mostra intende presentare con il lavoro di quattro giovani artisti il cui operato condivide la fascinazione per l'onirico e le atmosfere di matrice neosurrealista.
Oltre agli evidenti richiami surrealisti, è difficile non notare nei lavori di Stefano Ronchi [Trezzo d'Adda, 1984] la forte influenza che maestri come Bosch e Doré hanno sortito nella sua formazione, ibridandosi efficacemente con l'immaginario della science-fiction di H.R.Giger: carnevalesche rappresentazioni di rabelaisiana memoria pervase da un'inquietudine visiva in cui lo spettatore viene assalito dalla molteplicità di dettagli che invadono lo spazio iconografico.
Nicola Caredda [Cagliari, 1981] è un pittore all'apparenza più legato alla realtà, dalla quale però preferisce evadere. Compone immagini attraverso un linguaggio figurativo particolareggiato e completo, dove mondi cupi e immagini funeree si popolano di elementi imprevisti che sembrano trasportarci in un dormiveglia carico di tensione,quando cioè il mondo reale non è totalmente distinguibile dal fantastico ma resta in bilico fra la coscienza e la rielaborazione del presente.
Silvia Idili [Cagliari, 1982] ama concentrarsi attorno a scenari mentali, realizzando composizioni caratterizzate da panorami intrisi di puro colore, nei quali figure umane o oggetti inanimati sono accomunati dalla loro immobilità. In questi eterei palcoscenici, non di rado chi vi abita pare rifugiarsi al chiuso della propria mente, coprendo i propri occhi con teli o geometrie, come se non volessero svegliarsi né guardare alcunché, limitandosi semmai a sognare e a vedere attraverso l'inconscio.
Sea Creative [Varese, 1977] è un artista proveniente dall'ambiente del graffitismo, ma che nel tempo ha iniziato un percorso che lo ha portato verso il figurativo. Il suo lavoro è influenzato dal graffiti-writing, dall'illustrazione e dall' urban culture; spesso i suoi personaggi sono caratterizzati da volti dormienti che fluttuano nello spazio, assieme a elementi estranei che li accompagnano, come in un flusso di coscienza. Fantasiose e sognanti, le sue opere svelano un pizzico di ironia; ironico, del resto, è anagramma di onirico.
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