Le vivandiere erano delle operaie militarizzate che, nel periodo del nostro Risorgimento, continuavano a svolgere gran parte di quelle funzioni logistiche che esse avevano assicurato, fin dal Medioevo, presso i reparti militari. Sottoposte al regolamento di disciplina militare, lavavano, rammendavano, attaccavano bottoni, cucinavano, acquistavano generi alimentari, vino e tabacco che poi rivendevano alla truppa, per conto dell'amministrazione.
Durante i combattimenti raccoglievano, trasportavano ed assistevano i feriti, distribuivano acqua, gallette ed, all'occorrenza, anche munizioni. Non erano travestite da uomini ma indossavano la versione al femminile dell'uniforme dei loro commilitoni, con i pantaloni sotto la gonna. Appesa al cinturone, sopra la gonna, portavano una daga, anche, forse, per scoraggiare sgradite confidenze da parte di amici o nemici che fossero.
Quando le donne cominciarono a rivendicare pari diritti e pari opportunità rispetto agli uomini, le vivandiere, che erano cuoche e lavandaie, dipendenti retribuite dallo stato, vennero congedate e sostituite dalla crocerossine, ricche borghesi ed aristocratiche, da cui ci si aspettava che non pretendessero nulla in cambio della loro opera filantropica. Se non fosse per l'opera di Gaetano Donizetti "La Figlia del Reggimento" nessuno si ricorderebbe più di loro. In seguito il governo fascista decretò la distruzione di ogni memoria od immagine che non facesse riferimento ad una donna...sposa fedele, madre premurosa ed angelo del focolare.
Questa mostra è una rassegna, che rasenta l'incredibile, di quanto delle immagini originali dell'epoca sia sfuggito fortunosamente alla furia iconoclasta misogina.
Orario apertura
sab-dom h 10.00-12.30 / 15.30-18.30
mer h 15.30-18.30
Zeroconfini Onlus - www.zeroconfini.it
in collaborazione con FIDAPA BPW Italy - sez. MB
Città di Lissone